S’annu de sa lagusta et de sa pigotta manna

L’INVASIONE DELLE CAVALLETTE NELL’ANNO 1652 IN SARDEGNA

S’annu de sa lagusta et de sa pigotta manna

 

di Ennio Porceddu

 

 

In un capitolo del libro di Giorgio Aleo, si parla della pioggia di cavallette che infestò la Sardegna nell’anno 1652. “Siamo ai tempi calamitosi –scrive  il cappuccino –  morto il viceré D. Beltram de Guevara, Sua M. conferì la vice reggenza al conte de Lemos, grande di Spagna, personaggio di grande virtù,  nel marzo di quell’anno piove un’infinita quantità di cavallette che il sole ne rimase oscurato”. Quegli insetti venuti dall’Africa iniziarono dalla parte di mezzogiorno a tagliare e a rodere i seminati e quant’altro di verdeggiante trovò. Nei paesi coprivano letteralmente i campi; nelle città le vie. Dopo di aver distrutto ogni vegetale nelle pianure e nelle montagne di Pula, Chia, Teulada, Palmas, Sulcis e Iglesias, nelle ore calde del giorno prendevano il volo lento e ordinato come le mosse di squadroni bene istruiti, e invadevano le parti interne dell’isola.

Il danno arrecato da questo insetto nei seminati, nelle vigne, negli alberi e nei frutti fu così grave da non potersi valutare. I sacerdoti lo scongiurarono, i devoti fecero processioni; la popolazione usciva dalle loro abitazioni per portarsi nei campi con scope e frasche per distruggerli; ma tutto fu vano, ed era evidente considerare quell’insetto un flagello.

 

La cavalletta era così velenosa che, il poco fieno rimasto nei campi, dato poi a mangiare ai cavalli, buoi e altri animali, morirono tutti intossicati. Siccome per la medesima ragione, si beveva l’acqua dei pozzi, fu consigliato di chiuderli, dietro il parere dei medici, il viceré pubblicò per mezzo di un bando, che nessuno si arrischiasse di mangiar galline, uova e pesci, perché le galline ed i pesci ghiottamente divoravano cavallette.

Distrutte le cavallette, nessuno sospettò che il maledetto e schifoso insetto avesse lasciato le sue uova sui campi e l’anno seguente, all’intiepidirsi della stagione, vero gli ultimi del mese di marzo, iniziò a pullulare e a uscire dalla terra, in maggior quantità dell’anno precedente. In pratica prima di gettarsi a morire nei fiumi e nel mare, aveva deposto le sue uova nei terreni incolti, per la conservazione della specie.

Gli agricoltori consapevoli dalle esperienze passate, che le cavallette avevano lasciato le uova, venuto l’inverno, andavano a cercarle e a dissotterrarle con zappe e picconi.

“E così fu – scrive ancora G. Aleo – appena nacque la cavalletta, le si appiccò una pestilente infezione, per cui le nasceva un piccolo verme nel collo e presto moriva. Resta ancora la tradizione in Sardegna di tanto flagello venuto insieme al contagio del vaiolo nell’anno 1629, che per essere stato terribile, specialmente in danno dei bambini, chiamano l’or detto anno nella loro lingua natia: “S’annu de sa lagusta et de sa pigotta manna”.

Ancora nel ventunesimo secolo, le cavallette invadono molti campi coltivati dell’Isola e gli agricoltori devono combattere per distruggerle, prima che compromettano il raccolto. Insomma, la maledizione de sa lacusta continua.

 

 

 

CHI ERA GIORGIO ALEO?

Lo storico padre cappuccino Giorgio Aleo nato e battezzato a Cagliari col nome di Lussorio nel 1620; fece solenne professione della regola francescana presso i Cappuccini in Iglesias, nell’anno 1640, tra le mani del padre Illuminato, dove allora aveva il noviziato, cambiando il suo nome di Lussorio in quello di fra Giorgio da Cagliari.

Giovane di versatile ingegno, compiti gli studi letterari e scientifici, nel quale notevolmente si distinse, rivolse il suo animo ad applicarsi a quello della storia patria che venne a formare tutta l’occupazione della sua laboriosa vita. Egli percorse in lungo e in largo tutta quanta l’isola, unendo il ministero apostolico alle indagini storiche, in quei difficili tempi, in cui le più enormi distanze dell’isola, per deficienza di strade e per francescano dovere, non poteva egli in altro modo superare, se non viaggiando a piedi. Ciò nonostante, lesse tutte le antiche iscrizioni scoperte fino al suo tempo; setacciò tutti gli archivi civili e vescovili, monastici e parrocchiali, tanto dell’isola come della Spagna; visitò, oltre gli esistenti, anche le rovine degli antichi tempi, monasteri, e le vetuste torri, baluardi e castelli, come chiaramente risulta dai suoi pregevoli scritti che attestano la sua prodigiosa operosità. Padre Aleo s’interessò anche delle lacuste, le cavallette che all’improvviso infestavano i campi coltivati e le città sarde scrivendo nel capitolo 32^ .