PRESENZA DELLE TRADIZIONI POPOLARI IN SARDEGNA di Ennio Porceddu

PRESENZA DELLE TRADIZIONI           POPOLARI IN SARDEGNA

Di Ennio Porceddu

Sardegna quasi un continente”, scrive Marcello Serra, nel suo libro di maggiore successo. Sardegna un’isola prigioniera del Mediterraneo, ma contenta di esistere. Un’isola con bellissime coste, insenature, spiagge e un mare cristallino con eccezionali fondali e anfratti in una ambientazione unica. I monti e le foreste, la flora e la fauna, nonostante l’ignobile azione vandalica degli incendiari che ogni anno distruggono centinaia d’ettari di bosco, conservano, in esemplari unici, mufloni, cavallini di bassa statura (tipi della giara di Gestori), l’avvoltoio, i fenicotteri, e tante altre specie d’uccelli che si possono osservare

nello stagno di Molentargiu. Dal punto di vista sociale – culturale – storico –folcloristico, insieme con quello propriamente gastronomico, le tradizioni popolari dell’isola hanno

origini molto profonde che si perdono nella notte dei tempi.

 

La Sardegna sente maggiormente questa presenza ed ha sempre tentato di sostenerla con il diritto della continuità territoriale (sempre negata da Roma) con le altre regioni italiane.

Malgrado tutto, l’isola vive il massimo del suo splendore con le feste e le tradizioni popolari che la rendono unica al mondo. Ogni anno, la Sardegna, si svolgono centinaia di festeggiamenti in onore dei santi che vedono la partecipazione di un popolo sempre più numeroso e attento con i caratteristici costumi sardi dei paesi di provenienza.

Ogni paese dell’isola si differenzia per l’abbigliamento e la foggia, fatta eccezione per alcuni che sono analoghi sia nei colori, sia nei disegni.

Le feste sarde sono sempre religiose o pagane, in onore di santi o pseudo protettori (San Costantino, come santo non è mai esistito per la Chiesa di Roma), che richiamano migliaia di fedeli e turisti.

Con le tradizioni popolari, il turista ha scoperto i mammuthones di Mamoiada, i boes di Ottana e tante altre maschere, che si pensa appartengono solo alla Sardegna, ma che invece, ritroviamo simili in qualche paese europeo (esempio, in Germania), o addirittura in Italia, nel bellunese.

Anticamente fra le feste più importanti, predominavano quelle religiose: dell’Immacolata Concezione, della Beata Vergine Maria, della Madonna delle Grazie, del Rosario, di Santa Croce, di San Luigi, di Nostra Signora di Bonaria, di Sant’Efisio (patrono della Sardegna), ecc.

A Tergu, in provincia di Sassari si festeggiava Sant’Antonio (prediletto dai giovani), San Narcisio (degli agricoltori) San Sebastiano (dei pastori), San Vincenzo (dei pastori e degli agricoltori), SS. Trinità (dei negozianti e macellai), San Lussorio (protettore del centro Sardegna) e infine San Gavino (Portotorres ha dedicato a questo santo la propria Basilica romanica, la più imponente dell’isola, costruita intorno al XII secolo.

Altri martiri turritani sono: Proto e Gianuario.

In bambagia troviamo, molto venerato, San Francesco, Lula, (immortalato dal poeta Sebastiano Satta come “il santo dei banditi”). A Laconi si festeggia Sant’Ignazio, il taumaturgo amato da tutti i sardi. Le solennità, generalmente, precedono sempre la veglia (bidazolzu), che si esplicano col protrarsi della notte, in continui divertimenti nei pressi del tempio cristiano (Canti e balli, corse o palio: l’Ardia di Sedilo, La Sartiglia di Oristano, ecc.): Nei paesi barbaricini, da diversi anni si propone. “Autunno in Barbagia”.

( Dal libro “FESTE E SAGRE DI SARDEGNA” ED. SEUSARDU

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