L’ECCIDIO DI BUGGERRU

L’ECCIDIO DI BUGGERRU

Di Ennio Porceddu

Buggerru nacque nel 1864: a ridosso delle miniere di piombo e zinco. E’ un paese di mille anime, una striscia di case incassate nella valle del Canale Malfidano, che si distende sul golfo naturale di una minuscola baia sabbiosa. E’ una località ancora in attesa di un riscatto, bloccata da una politica ordinaria, per porre a frutto in modo accettabile l’eccezionale eredità culturale e ambientale della sua zona. Dal nord, al sud, gli spazi della costa sono tra i più incantevoli e incontaminati da un turismo di massa dell’intera Isola, Si trova in un’avvicendarsi di scogli selvaggi e impreviste calette e distese di sabbia.

Il giovane governo Sabaudo, non intenzionato ad accollarsi il peso di governare l’attività estrattiva, preferì speculare sull’appalto. Ad ottenere l’appalto furono i francesi che fondarono una società ad hoc, la “Societé de Mines de Malfidano. Per le condizioni dei minatori e delle loro famiglie già nel 1871, il paese fu oggetto di un’indagine del parlamento, presieduta da Agostino Depretis, e nonostante l’intervento di Quintino Sella, non cambiò nulla. Uno dei motivi poteva essere che a quel tempo era un piccolo villaggio, situato in un posto malagevole e abbandonato da Dio.

Mentre agli inizi del secolo XX, Il paese si era popolato e contava più di seimila abitanti. Buggerru era diventato uno dei centri più importanti dell’intera regione mineraria del Sulcis-Iglesiente.

I direttori francesi trassero tanta cura nel ritrasmettere lo stile di vita parigino da far guadagnare al paese il nome di “Petite Paris”.

La cittadina si dotarono di cinema, teatro e sale da ballo, a uso e consumo loro e dei pochi funzionari piemontesi. Tutto era sotto la loro giurisdizione: mentre ai minatori era proibito raccogliere legna o seminare, senza il loro consenso. Inoltre, ed erano costretti a rifornirsi negli spacci dei francesi, con prezzi gonfiati.

In pratica da una parte del Canale Malfidano c’era la piccola Parigi, con tutti i comfort di una moderna città; dall’altra, subito a ridosso della miniera, un girone infernale di persone con pochi diritti e mal pagati. Ammucchiati in case fatiscenti di proprietà dei francesi, prive dei più minimi servizi. In queste obsolete case abitavano oltre cinquemila persone tra minatori, operai e operaie addette alle attività parallele all’estrazione, anziani e bambini.

Per chiedere migliori le condizioni di vita e aumentare i salari da fame, i minatori si organizzarono nella “Lega di Resistenza di Buggerru”. Gli aderenti erano circa 4000 iscritti, la Lega fu associata alla Federazione Regionale dei Minatori, guidata dal medico socialista piemontese Giuseppe Cavallera e dal romagnolo Alcibiade Battelli. In sostanza fu il primo sindacato italiano.

Per fare fronte al malcontento organizzato, nel 1903 era stato chiamato a sovrintendere la miniera, un greco di Costantinopoli, Achille Georgiades, noto per essere poco arrendevole alle contestazioni dei minatori.

Un anno dopo, nel maggio del 1904, ci fu un altro incidente, dove persero la vita quattro minatori e i contrasti tra i minatori e società arrivo alle stelle, e  diedero inizio ai primi scioperi. La situazione precipitò quando la società decise di anticipare l’orario di lavoro e un’ora in meno di pausa dal mese di settembre, invece che ottobre.

Al secondo giorno di sciopero (domenica del 4 settembre) i minatori e gli operai si accalcarono nei pressi della palazzina della dirigenza, dove doveva esserci una trattativa in corso tra il sovrintendente Georgiades e i leader dei minatori Giuseppe Cavallera e Alcibiade Battelli.

In verità, il direttore greco voleva solo perdere tempo, in attesa dell’arrivo dell’esercito da Cagliari. Con vera sorpresa dei minatori arrivarono i soldati furono alloggiati in una struttura.

Avuta la notizia, i minatori si convogliarono verso l’edificio e, vedendo le truppe pronte a intervenire, la situazione esplose e qualche minatore si armò di sassi che indirizzo verso i soldati. I militari reagirono scaricando o fucili ad altezza d’uomo una decina di minatori stramazzarono al suolo. Due di loro, Felice Littera e Salvatore Montixi morirono, mentre un terzo Giustino Pittau, spirò dopo alcuni giorni, mentre un quarto, certo Giovanni  Pilloni morì dopo un mese di coma.

La annuncio dell’eccidio fece scoppiare l’indignazione di tutto il movimento della Lega nazionale degli operai, tanto che il 16 settembre fu dichiarato il primo sciopero generale nazionale, con la nascita di fatto del primo movimento sindacale italiano.