LA GUERRA PER LA CONQUISTA DELL’ISOLA TRA ARAGONA E ARBOREA DA UNA PARTE, E I PISANI DALL’ALTRA,  SI CONCLUSE  CON LA DISFATA DI QUESTI ULTIMI.

LA GUERRA PER LA CONQUISTA DELL’ISOLA TRA ARAGONA E ARBOREA DA UNA PARTE, E I PISANI DALL’ALTRA,  SI CONCLUSE  CON LA DISFATA DI QUESTI ULTIMI.

(Prima parte)

Di Ennio Porceddu

Scrive Raimondo Carta Raspi che “la storia della Sardegna dell’alto medioevo si può riassumere in una continua lotta dei sardi per difendersi dagli altri popoli che tentano di assoggettarli”.

Intorno ai primi del XIV secolo ci fu la guerra tra Aragona e Arborea da una parte, e Pisa dall’altra (la Repubblica di Genova e i Doria si erano infilati parzialmente) si concluse con la disfatta della repubblica toscana e con un trattato di pace che fu firmata il 19. Luglio 1324, dove si decise che i pisani mantenessero quale feudo aragonese il Castello Castrum con i territori confinanti, incluse le saline. In questo trattato si stabilì inoltre, che conservassero il diritto di libero commercio dietro pagamento di lire tremila genovesi. Rinunciando a tutti gli altri possedimenti e dare all’Infante i loro castelli, compreso quello di Quirra in territorio del Sarrabus.

Quando l’Infante, tornò in patria, (Barcellona) fu acclamato come “Conquistatore” e  come abitudine per ricompensare i ricchi hombres e Caballeros che lo avevano appoggiato in quell’impresa,  decise di ricompensarli. Tra le ricompense c’erano inclusi diverse concessioni. Tra gli uomini che maggiormente ebbero privilegi dell’Infante, c’era l’ammiraglio Francesco Carroz e il di lui figlio Berengario, sposato con l’infante  Teresa sorella di Alfonso.

Egli il 17  giugno 1325 ottenne da re Giacomo II in feudo parecchie ville del Campidano, Sarrabus, della zona di Quirra e Gallura, riportando in seguito anche l’investitura di Governatore Generale dell’Isola.

In quel lasso di tempo la vita di Berengario non fu serena perché fu costretto , alcuni mesi dopo a soffocare una rivolta che era scoppiata nella città di Sassari, sommossa appoggiata dalle influenti casati genovesi dei Doria e dei Malaspina, missione che ottemperò infliggendo loro una sonora batosta.  I genovesi, non paghi della sconfitta, tentarono altre volte di contrattaccare senza esito.

In un primo momento tentarono di impadronirsi del castello di Quirra, senza riuscirci, ricorrendo anche all’appoggio di un castellano “venduto”, ma il governo di Cagliari avuto il presentimento di quanto poteva accadere, rinforzò il presidio. Quattro anni dopo, la famiglia dei Doria mise in difficoltà gli aragonesi che però la spuntarono più per le forze di Arborea che per proprie. L’insurrezione si allargò e Mariano IV rovesciando la politica dei suoi precursori, si schierò contro gli aragonesi e con grandi sforzi riuscì a conservare la supremazia delle fortificazioni. Nel 1354 Mariano IV assediò il castello di Quirra, ma lo tolse l’anno seguente dopo il patteggiamento avvenuto a Sanluri.

Il Giudice d’Arborea rientrato in Oristano con le compagnie decimate “ma a vessilli spiegati – scrive il Carta Raspi – , così come era partito quasi un anno prima. Non ebbe gli applausi e le lodi d’oltremare, ma il popolo che gli era venuto incontro da Porta a Mare,  salutò in lui il condottiero dei secolari nemici”.

“Solo il giudice Barisone, tra il cozzare degli odi e delle armi – scrive Raimondo Carta Raspi –  concepì l’audace disegno di unificare sa Sardegna in un solo governo. Ma la sua aspirazione originaria fosse anche da ambizione o rivalità, poiché si spingeva oltre la sua capacità e potenza, fu subito frustata da gravi compromessi, e fini miseramente per l’Arborea, col riscatto dello stesso Barisone dai genovesi  che in un primo tempo si erano impegnati ad aiutarlo e poi da buoni mercanti l’avevano sfruttato e spogliato. Quello per Barisone non fu che un grande ma triste sogno”.