La guerra fra Genova e Pisa. L’’assassino del giudice Chiano di Massa e la distruzione del regno di Santa Igia.

La guerra fra Genova e Pisa. L’’assassino del giudice Chiano di Massa e la distruzione del regno di Santa Igia.

Di Ennio Porceddu

 

 

Quando, nel 1164, Federico Barbarossa incoronò re di Sardegna il giudice d’Arborea Barisone I dietro il versamento di 4000 marchi (prestati da Genova), il debito non fu reso. Di contro, Genova tenne il giudice come ostaggio, impedendogli l’unificazione dell’isola sotto il proprio scettro. “Barione, ambizioso di regio diadema, provò quanta amara fosse la genovese amicizia e come grave pendesse il denaro della repubblica…”).[1]

Questa fu la scintilla che innescò la guerra tra Genova e Pisa per il dominio dei giudicati. Pisa, in ogni modo, ebbe il giudicato d’Arborea e mise a capo Guglielmo di Capraia.

Alla morte del giudice, lo scettro passò a Mariano II, suo legittimo regnante e sostenitore della repubblica pisana. Nel giudicato di Cagliari, Pisa pur di conservare il dominio e i privilegi, non esitò a far assassinare il giudice Chiano di Massa. Colpevole di aver stretto legami con Genova (aprile 1256) in cambio d’aiuto militare, una maggiore autonomia politica per aver messo nelle mani dei liguri, le franchigie, le esenzioni e tutti i diritti goduti dai pisani.

Morto Chiano di Massa, la sede giudicale di S. Igia, rimase nelle mani dei genovesi.

Più tardi il nuovo giudice Guglielmo III di Massa dovette sottostare a un trattato molto pesante con Genova, ricevendo in cambio in feudo le terre giudicali, ad eccezione di Castro di Cagliari e la sede giudicale di S. Igia.

L’accordo limitava notevolmente la supremazia del giudice. Tra il 1257 e il 1258, Santa Igia, fu assalita e distrutta da un’alleanza di forze pisane e locali. Il giudicato di Cagliari smembrato in tre parti: Quirra e l’Ogliastra andò ai De Capraia, mentre il Sulcis-Iglesiente andò ai Donoratico Della Gherardesca.

Un anno dopo nel regno giudicale di Torres (1259), morì la Giudicessa Adelasia, figlia di Mariano II re di Torres e moglie di Ubaldo Visconti. La Giudicessa non lasciò eredi e il giudicato fu diviso tra la famiglia ligure dei Doria e quella dei Bas-Serra d’Arborea. In questo modo il giudicato logudorese ebbe fine.

Intanto Pisa e Genova sempre assettate di potere fecero di tutto per avere il controllo di Sassari.

Nel 1272 la città turritana si trovava sotto un podestà pisano. Solo a seguito del trattato del 1294 la città di Sassari passò ai liguri.

Nel 1294, a causa delle continue lotte intestine tra le due repubbliche, Papa Bonifacio VIII concesse la Sardegna in feudo all’aragonese Giacomo II che – a sua volta – lo affidò al figlio Alfonso.

Nel 1323, Alfonso d’Aragona, sbarcò nel golfo di Palmas (nel Sulcis) con 10 mila fanti e 1500 cavalieri e s’instaurò nel territorio sulcitano (12 giugno). Il giorno 30 dello stesso mese, sicuro dell’appoggio di Ugone IV d’Arborea (nuovo vassallo del re d’Aragona), cinse d’assedio Iglesias e, con il giudice arborense, si accampò nei pressi della chiesa di S. Maria. Gli abitanti e i pisani si batterono valorosamente, ma alla fine, stremati, dovettero capitolare con la resa (7 febbraio 1324).Nella battaglia perirono 12 mila uomini tra pisani, aragonesi e sardi.

Alla morte di Ugone, la successione del giudicato passò al figlio maggiore Pietro, che giurò fedeltà di vassallo alla corona aragonese. Alla sua scomparsa (1347), il trono andò al fratello Mariano IV. Il nuovo giudice rifiutò di sottomettersi alla corona di Aragona e con l’appoggio dei sardi, oppose una dura resistenza nella capitale Arborense, all’esercito degli aragonesi guidati da Pietro IV.

La ribellione di Mariano, gran legislatore intelligente e uomo di umana saggezza, fu coronata da molte vittorie.

Così, nel 1368 riuscì a occupare il Logudoro e la città di Sassari; mentre un anno dopo s’impossessò di Iglesias. Nel momento in cui ormai mancava poco alla conquista di tutta la Sardegna e si accingeva ad occupare Cagliari, il giudice arborese, fu colpito dalla peste che presto lo portò alla morte (1376). Gli succedette Ugone III.

Il nuovo giudice non ebbe molta fortuna: vittima di una congiura architettata dagli stessi oristanesi, fu assassinato, il 3 marzo del 1383, assieme alla giovane figlia Benedetta. Il regno di Arborea passò in eredità alla sorella Eleonora che, per due anni, armatasi, combatté gli invasori aragonesi.

Nel 1388, D. Giovanni re d’Aragona ratificò il trattato di pace con la Giudicessa d’Arborea. La condizione degli aragonesi era di avere indietro le città di Sassari, Iglesias, Osilo, Luogosanto e Sanluri.

Per di più, tutti gli ufficiali dovevano (ogni anno), sottoporsi al giudizio sindacale del re per frenare eventuali abusi di potere. Una pace disonorevole siglata con i catalani-aragonesi che però permise, alla legislatrice sarda, di liberare il marito Brancaleone Doria (1390) da una segregazione che ormai durava da alcuni anni e di ridisegnare gli antichi confini arborensi.

Alla Giudicessa Eleonora, dobbiamo la “Carta de Logu” (1392), un codice di sagge leggi che concedeva al popolo un’importante forma di autonomia e aprì la gestione delle Ville e Contrade agli uomini stimati di estrazione popolare.

Più tardi il re d’Aragona estese i codici a tutto il regno. Era l’inizio di una democrazia di gran rilevanza.

La “Carta de Logu”, è considerata uno dei più importanti strumenti legislativi del periodo medioevale.

La legislatrice arborense morì nel 1402 di peste, lasciando un gran vuoto.

Nel 1409, con la battaglia di Sanluri, il feudo fu trasformato e assegnato a Leonardo Cubello, un fedelissimo della corona aragonese che prese il titolo di Marchese di Oristano.