RICORDIAMO IL GRANDE ARTISTA: TOTO’

123 ANNI FA NASCEVA
IL GRANDE TOTO’

RICORDIAMO IL GRANDE ARTISTA
NAPOLETANO,TRA LE SUE PASSIONI CI SONO ANCHE LE PERNACCHIE E LA BRILLANTINA

 
di Ennio Porceddu
A centoventitreanni anni dalla sua nascita (15 febbraio 1898) , vogliamo ricordare questo grande artista napoletano dalle mille facce: “l’uomo, la maschera, la musica e il linguaggio, tanto amato dal pubblico italiano e da registi come Federico Fellini.“Ad uno spiritello lunare, un angelo buffo – come soleva apostrofarlo il regista Fellini – che si è incarnato con la missione mai tradita di regalare buon umore, risate, festa, gaiezza e renderci tutti più allegri, soddisfatti e confortati”.Totò (
foto dal web/Social) aveva sognato per tutta la vita di poter fare un film con il regista ma non riuscì nel suo intento perchè a Fellini non erano mai venuto in mente di scrivergli qualcosa.” Tuttalpiù – diceva il grande regista – mi sarebbe piaciuto, piuttosto, dedicargli un piccolo saggio cinematografico, un ritratto in movimento”.Ma chi era davvero Totò, iscritto all’anagrafe col nome di Antonio de Curtis e che nella vita amava fregiarsi del titolo di principe?Totò parlava di Totò come di un essere, o di un’entità, indipendente da lui. Totò – diceva – non sono io, io non sono Totò. Una affermazione che spesso pronunciava ad amici, parenti, collaboratori e giornalisti con una punta di civetteria.“Ogni tanto – affermava – bisogna riprendere fiato e concedersi una pausa e un po’ di tranquillità”. Il grande comico tra un lazzo e una capriola, un sogghigno e una piroetta, tornava ogni volta a cedere il passo al principe de Curtis. Un altro personaggio, molto serio, educato, colto, talvolta un po’ triste, malinconico, affettuoso, amante della musica e della poesia. Quella persona affettuosa e un po’ sentimentale amava scrivere canzoni che poi inseriva nei suoi spettacoli e nei film: spesso d’amore, impregnate a volte di una vena malinconica, a volte aperte a motivi ironici e scanzonati. Totò a getto continuo, con una vena inesauribile, scrisse copioni per sé e per i suoi attori: sketch, macchiette, duetti, canovacci per riviste. La sua creatività nasceva dall’osservazione quotidiana della vita; dai suoi ricordi di un’infanzia poverissima passata nel rione popoloso Sanità, dove era nato e dove aveva vissuto per tanti anni. Fiero del suo blasone giovanile, Totò, lo era altrettanto delle sue umili origini.Per il comico napoletano recitare era un fatto naturale, come mangiare, bere o fare l’amore.Sempre molto tollerante, non sopportava la mancanza di rispetto: questo lo irritava moltissimo.Tra le passioni, Totò, aveva quella per l’eleganza, per gli animali, per la poesia, per la brillantina, per le pernacchie, per la lingua italiana e per le donne. Al gentil sesso, il grande comico, dedicò la “miseria e nobiltà del suo mestiere, inseguendo il miraggio della seduzione come un vero conforto della sua vena malinconica”. Anche se era fermamente convinto che le donne fossero pericolose e rompiscatole perché “tendono a schiacciare l’uomo”. Della pernacchia, Totò, ripeteva a Carlo Croccolo, spalla del principe in diverse avventure cinematografiche e prestanome della voce in decine di films come doppiaggio per gli “esterni” quando Totò stava diventando cieco “più che uno sberleffo, è un suono musicale, una modulazione di frequenza”.Antonio de Curtis era molto generoso, stimava tantissimo la moglie del grande Fellini, Giulietta Masina e si vantava di aver intuito per primo il suo grande talento, quando avevano recitato insieme in “Sette giorni di guai”. Fu molto lusingato quando la giovane, appena diciassettenne, Delia Scala, lo giudicò un uomo seducente. Non fece mai la corte all’attrice. “Belle o brutte mi piaccion tutte”, ripeteva in omaggio della rivista omonima del 1942 scritta assieme agli autori Inglese e Tramonti, con alcuni brani classici ripresi dal teatro popolare napoletano.Per Ruggero Guarini, critico e curatore di una pubblicazione del grande comico, Totò, “era un piccolo principe innamorato, prima ancora delle molte donne che ispiravano gran parte dei suoi versi, ma era anche una scatola dei giochi, o meglio di un unico gioco: quello del quale si sa che i pezzi sono metafore e metri, immagini e suoni, sillabe e analogie”.Totò improvvisava sul set con battute che non esistevano nel copione che poi si rivelavano di grande effetto. Il suo era un metodo ormai collaudato in tanti anni di avanspettacolo. Una battuta, affinché avesse l’effetto insperato, poteva essere cambiata più di una volta. Un esempio della sua straordinaria abilità nell’interpretazione “a soggetto” è data dalla scenetta “L’Onorevole in vagone letto”, nel film “Totò a Colori”, quando Totò finge di starnutire e l’Onorevole, interpretato da Mario Castellani, cerca di aiutarlo: Totò si carica, si dimena, articola le sue espressioni esasperatamente ed ogni volta, quando sembra debba irrompere in un potente starnuto, all’improvviso si affloscia e pronuncia la fatidica “Ha abortito!”.Il segreto del suo successo Totò, lo doveva, altre che alla sua faccia e alla sua intelligenza, nell’affiatamento. Totò si circondava quasi sempre degli stessi attori, tra i quali si instaura una naturale sintonia. Spesso succedeva che qualche attore o attrice si dimenticava la battuta, allora era lo stesso Totò ad aiutarli consigliando loro: “Dite quello che vi passa per la testa, al resto penso io”.Tra i comici esisteva un’intesa perfetta che permetteva loro di ignorare il copione, improvvisando le battute. Si pensi, per esempio, a quello, celeberrimo, in cui il principe intratteneva a lungo, fino all’esasperazione, la sua spalla di turno con l’interminabile racconto delle ingiurie, minacce e percosse ricevute da uno sconosciuto che lo aveva affrontato inferocito, finché Totò esortato a spiegare il mistero della sua candida indifferenza esplode con la famosa battuta: “mica so’ Pasquale, io!” “Non si può essere sempre Totò, neanche quando si è Totò”. Totò sapeva essere Totò-Pinocchio in “Volimineide: una apparizione che fu una scossa, una percossa, uno strappo: lo strappo attraverso il quale si rivelò, forse per la prima volta, una delle figure più impressionanti di ciò che solo molti anni dopo avrebbe appreso che si chiamava il perturbante.Totò ha avuto a fianco artisti come Anna Campora, Silvana Campanini, Peppino de Filippo, Franca Marzi, Titina de Filippo, Sofia Loren, ecc., in films come Totò, Peppino e i fuorilegge, Miseria e Nobiltà, Totò cerca casa, San Giovanni decollato, Totò a colori, che conteneva la scena dell’onorevole nel treno letto, Guardia e ladri, tanto per citarne alcuni. Nel 1947, il grande Totò, riceve la Maschera d’argento cui fa seguito (quattro ani dopo) il Nastro d’argento per l’interpretazione nel film Guardi e ladri di Steno Monicelli.Dopo l’esperienza matrimoniale con Diana Bandini Rogliani del 1935 e la nascita della figlia Liliana, nel 1952 si innamora di Franca Faldini a cui resterà legato fino alla morte. Il 15 aprile del 1967 il grande Totò, osannato da molti e ignorato da registi come Fellini, si spegne per una grave crisi cardiaca.Federico Fellini, di Totò, osannandolo dopo la sua scomparsa ebbe a scrivere: “Ma è esistita davvero una creatura così che più passa il tempo e più diventa irreale, mito, leggenda, invenzione della fantasia?”.

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