GIUSEPPE ANEDDA IL MAGO DEL MANDOLINO di Ennio Porceddu

Il musicista cagliaritano ha avuto il merito di rivalutare il mandolino, uno strumento antico che gli ha aperto le porte del successo internazionale

GIUSEPPE ANEDDA IL MAGO DEL MANDOLINO

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di Ennio Porceddu

 Applaudito in tutti i teatri del mondo, era un grande, nonostante i successi, modesti e semplicità. Molto apprezzato anche da grande Stravinsky e dal Principe Umberto per le sue grandi doti musicali.  Giuseppe Anedda è considerato il più grande concertista di Mandolino del ‘900. Ha imposto questo strumento nelle sedi concertistiche di maggior prestigio. Le sue ricerche nei musei e nelle biblioteche di tutta Europa hanno portato alla scoperta dei manoscritti originali di musica per mandolino d’autori quali Vivaldi, Pergolesi, Beethoven e molti altri. Giuseppe Anedda nato a Cagliari il 1 marzo del 1912, grazie al padre Avendrace, noto poeta improvvisatore, inizio, fin dall’età di 5 anni, a studiare teoria e solfeggio presso il Conservatorio con l’intento , dopo tre anni,di intraprendere lo studio del violino. Ma, le cose per il giovanissimo Giuseppe non andarono proprio così. Finito lo studio teorico iniziò le prime lezioni con il violino in dotazione al Conservatorio, ma quando arrivò il momento di esercitarsi anche a casa, nacque il problema violino, Strumento che il padre Avendrace non poteva permettersi a causa del costo troppo elevato (15 lire).n.1

Il piccolo Giuseppe dovette accontentarsi di un vecchio mandolino che il padre teneva appesa ad una parete con un nastro tricolore intorno al manico. padre teneva appesa ad una parete con un nastro tricolore intorno al manico. Con questo strumento, a soli dieci anni, partecipò a numerose manifestazioni teatrali e operistiche. Un anno dopo fu chiamato da Riccardo Zandonai, autore della Francesca di Rimini, a suonare il liuto, uno strumento troppo grosso per il piccolo enfant prodigio della musica. Tuttavia, Pippo, come era chiamato dai genitori e dagli amici, riuscì a stupire anche il severo e burbero maestro. Ancora giovanissimo Giuseppe Anedda fece parte di un complesso a plettro dove era il primo mandolino. Gli altri elementi erano Flavio Cornacchia (mandola), Giovanni Scano (chitarra), e Massimo Piredda (2° mandolino). Il complesso assunse il nome de “Quartetto Karalis”. Nel loro repertorio i giovani musicisti avevano trascrizioni di musiche sinfoniche e intermezzi che plasmavano accuratamente con i loro strumenti e presentavano in occasioni di matrimoni, ricevimenti e feste paesane. Poiché la Sardegna non offriva alcuna prospettiva di lavoro stabile, e con l’arrivo dei problemi familiari, tre dei quattro musicisti cercarono altre strade. L’unico che resistette fu Flavio Cornacchia che fece parte anche dei “Virtuosi di Roma”. Giuseppe Anedda si arruolò nella Pubblica Sicurezza e ben presto prese servizio presso il Palazzo Reale di Napoli. E fu nella città partenopea che gli si presentò l’occasione di partecipare al Concorso Nazionale organizzato dalla direzione generale del Dopolavoro vincendolo. Successo che coronò anche un anno dopo a Palermo. Per quest’ultima manifestazione, Massimo Piredda fu sostituito da Giovanni Loddo.

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Il suo modo di suonare quel particolare strumento fu apprezzato anche dal principe Umberto e questo gli dava la possibilità di ottenere i permessi necessari per partecipare con il suo mandolino a tantissime manifestazioni e concerti. A Napoli, Giuseppe trovò le condizioni più propizie per poter esprimere tutta la sua creatività musicale. Con grande impegno e determinazione approfondì lo studio del mandolino e la cultura musicale. Questo gli consentì di affermarsi sempre di più, raggiungendo una vasta notorietà non solo in Italia, ma anche all’estero. Ormai il mandolino, per Giuseppe Anedda era tutta la sua vita. “Le sue corde d’acciaio, la mancanza di tenuta di suoni, pur con l’impiego di plettro d’osso di tartaruga – scriveva Pinzauti, un musicista italiano di chiara fama – che consente il caratteristico “tremolo” tra le sue doppie corde intonate all’unisono, ad intervalli di quinta come quelle del violino, e la difficoltà d’intonazione nel registro acuto (assai scarso di sonorità e faticoso per l’esecutore9, fanno del mandolino uno strumento costituzionalmente poco ricco di risorse espressive”. Nonostante tutti questi limiti, Giuseppe Anedda, riesce ad essere un grande musicista, primo attore e non comparsa. Giuseppe Anedda con il suo mandolino in tutto il mondo era considerato un vero mago, come Segovia lo era con la chitarra. Nel 1941, inizia la collaborazione con l’EIAR (poi RAI). Nel 1048 durante la stagione concertistica organizzata dal 3 programma ebbe l’occasione, la prima al mondo, di eseguire il concerto originale di Vivaldi per due mandolini, archi e cembalo con la straordinaria direzione del maestro Nino Sanzogno. Concerto che fu poi ripetuto a Roma all’Accademia di santa Cecilia nel 1950. Dopo quelle esibizioni, fu chiamato dal maestro Renato Fasano (nato a Cagliari) che lo volle nel Collegium Italicum da lui diretto, una della migliori orchestre da camera del mondo. Per il maestro Anedda fu questa un’interessante e lunga collaborazione che durò oltre 16 anni (1952 – 1968). Del concerto di Vivaldi fu inciso a Londra un disco per la casa discografica la Voce del Padrone e vinse il premio indetto dall’Accademia Vivaldiana di Bruxelles per l’interpretazione del maestro cagliaritano. Ma, a consacrare il maestro Anedda come il più grande mandolinista del mondo fu a Roma nell’Aprile del 1965 con l’Orchestra Sinfonica della Rai in occasione del nuovo balletto di Igor Stravinskj. L’orchestra presentava diverse parti di mandolino solista. Dopo l’esecuzione di Giuseppe Anedda, in platea si sentì un “Bravo Mandolino!”: era il maestro Stravinskj che lo raggiunse per congratularsi e stringergli la mano.  Un successo dopo l’altro, permise al maestro cagliaritano di visitare i più importanti musei del mondo e scovare manoscritti originali di grandi autori del Sei- Settecento.

Dopo innumerevoli concerti in tutte le parti del mondo, di solito accompagnato dal pianista Franco Barbalonga, nel 1970 fu invitato dalla Manhattan School of Music di New York a tenere corsi di perfezionamento e masterdasses di mandolino e liuto per cinque anni. Nel 1972 fu invitato al festival di San Juan de Portorico in una grande villa di Pablo Casals. L’esibizione del maestro Anedda ebbe un grande successo che su insistenza del pubblico dovette concedere il bis, nonostante vigeva l’assoluta proibizione imposta dal regolamento del festival. Subito dopo, su invito del maestro Claudio Scimone, tenne tre concerti in Svizzera con l’accompagnamento dei Solisti Veneti. L’amicizia tra Scimone e l’Anedda portò ad istituire la prima Cattedra nel nostro Paese per l’insegnamento del mandolino presso il Conservatorio Pollini di Padova, di cui il maestro Scimone era il Direttore. In quel Conservatorio insegno fino al 1980, in pratica fino alla pensione. In seguito al maestro Anedda fu conferita una medaglia d’oro in nome della Presidenza della Repubblica Italiana, e fu invitato per l’inaugurazione del festival dei due mondi a Charleston nel Sud Carolina. Unico artista italiano assieme alla ballerina Carla Fracci. Il maestro Anedda, con la sua musica e il mandolino è stato applaudito in tutto il mondo, con le musiche di Vivaldi, Pergolesi, Bach, Mozart, Beethoven, Hasse, Kummel, Cecere, Tabelloni, Gervasio, Chailly, etc, tanto da considerare le sue esibizioni “Una magia musicale”. Per aver saputo rivalutare l’antico strumento, gli aprì le porte delle più importanti sale concertistiche del mondo. Giuseppe Anedda non si è mai lasciato insuperbire da questi meriti. “Se, la vera grandezza d’un vero artista, come ogni uomo, sta nel saper essere, nel successo modesto e semplice – scrive Pietro Ghiani Moi- Giuseppe Anedda era grande anche per questo”. Il maestro Giuseppe Anedda lascia questa vita terrena all’età di 85 anni, il 30 luglio del 1997. Nel 1977, il maestro Nino Fara, su l’Almanacco di Cagliari, così scriveva del maestro Anedda ” Alta sugli spalti del bastione di Santa Croce, la mia casa si affacciava all’occidente della città (…) credo che proprio lassù, dove io “arrancavo” il pianoforte, abbiano avuto una delle prime sale da concerto i giovanissimi componenti del complesso a plettro cagliaritano: Giuseppe Anedda (…) definito autentico mago del mandolino”. Dopo i grandi successi, è lo stesso Anedda che legittimamente dirà di sé: ” se prima nelle sale da concerto entravo dalla porta di servizio, poi ci ritornavo per entrare dall’ingresso principale”. Il maestro Giuseppe Anedda lasciò questa vita terrena all’età di 85 anni. Era il 30 luglio del 1997. Il 20 e 22 febbraio 2009, al Santa Chiara di Roma si è tenuto un simposio su “Giuseppe Anedda e la rivalutazione del Mandolino”, con filmati inediti, foto e musiche con la partecipazione del maestro Emanuele Buzi, docente di mandolino presso il Conservatorio di musica “V. Bellini” di Palermo. ©copyright ennio.porceddu 2009/2016